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RECENSIØNI

 

Dino Ferruzzi

Dino Ferruzzi nato nato a Stigliano (MT), insegna Discipline Plastiche presso il Liceo Artistico Statale Bruno Munari di Cremona. Attivo come artista e curatore indipendente a Milano dagli anni ottanta, è tra i fondatori di Careof Centro di documentazione per l'arte contemporanea. Ha collaborato all'attività e ai laboratori del gruppo Wurmkos con cui ha partecipato a numerosi progetti nazionali ed internazionali. Nel 2004 ha dato vita al CRAC Centro Ricerca Arte Contemporanea, spazio dedicato alla sperimentazione didattica e alla formazione, curando eventi espositivi, workshop, progetti di residenza e due convegni dedicati all'all'Arte contemporanea come progetto educativo. È stato promotore insieme a Anisa, Careof, ViaFarini, DOCVA e IULM, di due edizioni di Education Lab. Per il Comune di Cremona ha curato il progetto Arte contemporanea e territorio.

DINO FERRUZZI

Sul Sistema dell’Arte nell’epoca di Internet


Roma, 15/10/2017

Dino Ferruzzi espone il suo punto di vista sull’opera di Frank MacYouch. Ne nasce una interessante conversazione sull’arte, la globalizzazione, le tecnologie digitali e i futuri scenari della creatività contemporanea.

 

FM: Grazie innanzitutto per aver accettato un confronto libero e disinteressato su temi che senz’altro tu, come artista e docente, conosci molto meglio di me, avendo accumulato nel corso degli anni una lunga esperienza nell’ambito della ricerca, della sperimentazione e dell’insegnamento dell’arte contemporanea. Paradossalmente, il fatto che tu ti sia prestato a questo incontro, "a questa insolita chiacchierata", con un artista peraltro marginale rispetto a quello che potremmo definire, secondo un'accezione comune, il "Sistema dell’Arte", ovvero l’arte che conta e che detta le sue regole, in termini di canone artistico e dunque di "mercato", testimonia in effetti quanto tu ci tenga all’arte e quanto importante sia per te analizzarne ogni suo aspetto, anche inconsueto. D’altronde, quando ad agosto dell’anno scorso ci siamo rivisti dopo tanti anni e, parlando delle nostre attività e del nostro lavoro, mi hai chiesto di fornirti un parere sul sito del CRAC, io subito ho colto l’occasione per concederti, in qualità di informatico, un immediato supporto "tecnico", per te indispensabile, unitamente alla mia esperienza di web designer. Poi, a mia volta, ti ho parlato del mio progetto e ti ho chiesto dei suggerimenti. E’ così che è nato questo dialogo interessante e proficuo.

DF: Ti ringrazio per il riconoscimento, naturalmente, cercherò di esporti molto francamente, se lo accetti, le mie idee rispetto al tuo lavoro, come lo vedo io, cosa che credo di avere tra l’altro già fatto per email, durante la nostra corposa corrispondenza.

FM: Certo che le accetto e credo di aver tratto numerosi spunti di riflessione da questa corrispondenza, non soltanto per l’acutezza delle tue osservazioni, ma perché ti ritengo, oltre che un amico, un maestro di vita, un esempio da cui trarre ispirazione.

In gioventù, mi hai insegnato tantissime cose, dall’arte alla musica alla letteratura: ad esempio, il jazz, le avanguardie artistiche, l’architettura, la saggistica, libri che hanno profondamente influenzato la mia formazione artistica e culturale. Ma parliamo del sito.

DF: Certo, parliamo del sito. Ho visitato con una certa attenzione il tuo sito e i suoi contenuti. Il contenitore è sicuramente ben fatto, si presenta graficamente essenziale quanto basta, è ricco di contenuti. Posso dirti che l'impressione immediata è più che positiva.

FM: Mi fa piacere che tu apprezzi questo aspetto, dopotutto sono un informatico e almeno in questo credo di aver fatto un buon lavoro. La pittura è un hobby per me, non mi ritengo un vero artista, un professionista. Mi mancano soprattutto le competenze tecniche, cosa che mi costringe a compensare tale mancanza con altri metodi e strumenti, ad esempio grafici. Ed è proprio da questa "contraddizione" che voglio partire, cioè cercare di mettere a confronto due tipi di esperienze diverse, che implicano anche "mondi diversi": da un lato il mondo del "Sistema dell'Arte", l’arte con la A maiuscola, quella dei professionisti di settore, degli artisti che contano, delle opere importanti, degli spazi museali e delle mostre, e via di seguito; dall’altro, il mondo dell’arte pop, degli artisti sconosciuti, degli eventi alternativi, degli outsider, di coloro che popolano il web alla ricerca di uno spazio o di un’occasione per raccontare se stessi e la propria opera, mettendo caparbiamente a frutto le proprie idee. Infine, il mondo della rete, di Internet, della comunicazione globale, che tutto avvolge e tutto trasforma e col quale sia l’Arte con la A maiuscola, dei professionisti, che l’arte ordinaria e popolare degli "outsider", sono chiamate a rapportarsi, con esiti imprevedibili, che sfuggono a categorizzazioni semplicistiche e teorizzazioni frettolose.

Non so se l’espressione "outsider" sia la più corretta per esprimere ciò che ho in mente, ovvero la tipologia sociale e le peculiarità psicologiche dell’artista al quale mi riferisco. E’ un’arte incentrata prevalentemente su Internet, sulle reti sociali. Dunque, come ho avuto già modo di accennare nelle "riflessioni", ha caratteristiche popolari, social appunto. Potremmo chiamarla "arte social" in contrapposizione a "Sistema dell’Arte", come lo intende generalmente. Oltretutto, a me sembra che questa definizione sia anche la più calzante; io ho provato ad utilizzare per esempio "Arte con la A maiuscola" e altrove "circuito dell’arte", ma temo che entrambe non rendano esattamente la stessa idea. In ogni caso, stiamo solo cercando di delineare degli scenari, delle ipotesi, nulla più, sebbene vi siano elementi di verità e di analisi sostanzialmente corretti, plausibili.

DF: La materia è complessa, senza dubbio, quindi io direi di procedere per temi, cercando innanzitutto di rapportarli al tuo lavoro e, in particolare, al tuo progetto, che dopotutto è lo scopo di questa chiacchierata. Mi soffermerei, tanto per iniziare, su tre punti, che cercherò di richiamare durante la discussione:

Iniziamo dal primo. Nonostante i tuoi chiarimenti, non ho ben capito qual sia il reale senso del progetto. Mi spiego. Vuoi presentare e far conoscere il tuo lavoro al mondo dell'arte? Vuoi che la tua ricerca possa essere condivisa da altri artisti che operano e camminano su binari paralleli ai tuoi?

FM: Entrambe le cose e nessuna delle due, e comunque con un approccio non necessariamente "mediato" dal Sistema dell’arte. Innanzitutto, è giusto che io mi soffermi un attimo su quella che mi pare essere una premessa assolutamente indispensabile, senza la quale non si potrebbe nemmeno afferrare il "senso del progetto".

Come ho già detto, di professione sono un informatico, non un artista; la pittura per me è un attività di tipo intellettuale, ricreativo, non mi serve per vivere. E’ come la grafica, la scrittura, la programmazione, il giardinaggio, tutte attività alle quali mi dedico con entusiasmo, sicuramente, ma non con costanza e sistematicità. Ciononostante, sono perfettamente consapevole che qualsiasi interesse, se coltivato con strumenti adeguati, con onestà intellettuale e, ovviamente, con cognizione degli argomenti trattati, può spesso tradursi in arte e, col tempo, in padronanza di linguaggio, attenta sia alla forma che ai contenuti.

E’ difficile spiegare in che modo io sia arrivato a queste conclusioni, ma proverò a farlo. Ars Hybrida nasce in verità da un vecchio progetto del 1992, allorché frequentavo l’Istituto Europeo di Design, un progetto più volte messo in cantiere e poi abbandonato, mai chiarito in maniera definitiva, sostanzialmente contraddittorio nei termini e negli obiettivi. Il principale limite del progetto, infatti, consisteva proprio in questa sua "gestazione lenta": alcune intuizioni andavano bene all’epoca, altre un po’ meno, altre si sono sommate strada facendo, alcune infine hanno perso importanza col tempo. E’ cambiata un’epoca. Negli anni ’90 si credeva ancora che la comunicazione fosse incentrata sulla televisione, un media monodirezionale, poi è arrivato Internet, una tecnologia pluridirezionale, interattiva e multimediale. Con la rivoluzione digitale tutto è cambiato, nemmeno MacLuhan avrebbe potuto prevederlo. Quando finalmente mi sono deciso a realizzare concretamente il progetto (oggi Internet consente a chiunque di metter su la propria bacheca virtuale, un blog o un sito personale), ho dovuto fare i conti con una realtà nuova, attraversata da mode e strutture di pensiero radicalmente diverse dalle precedenti, voglio dire le "ideologie" sulle quali io e te, generazionalmente, ci siamo formati. L’arte e la critica dell’arte, almeno qui in Italia, ma anche in Francia, sono sempre state appannaggio di una certa sinistra, ideologicamente ben connotata, che ora forse non esiste più.

Ma ritorniamo al progetto: è evidente che l'impianto ideologico, essendo passati tanti anni, è in alcuni casi contraddittorio. Non soltanto perché, alla luce delle trasformazioni globali, molte idee necessitano indubbiamente di essere rivisitate, ma sembra che lo stesso dibattito ideologico sui nuovi media e la cultura di massa, la "significazione" e la "comunicazione", si sia fermato ai tempi di Eco e Maldonado, per cui è contradditorio anche nel tentativo di spiegare e spesso giustificare un modo di produrre arte e cultura che, a sua volta, è cambiato in modo radicale, sempre più invischiato nelle nuove tecnologie, sempre più contaminato da nuovi generi e discipline.

Si finisce spesso con l’utilizzare tecniche e procedimenti che "ad alcuni" potrebbero far storcere il naso. Un ibridismo, dunque, che non è soltanto artistico o culturale, ma comunicativo, espressivo, tecnologico, metodologico, esistenziale, e via di seguito… E’ globale com’è globale l’economia, la politica, la comunicazione, la società…. Riguarda tutto e tutti, gli strumenti e i supporti, le tecniche e i contenuti, i media e le interfacce.

Ma ritornando alla tua domanda, se io voglia cioè presentare e far conoscere il mio lavoro al mondo dell'arte oppure voglia che la mia ricerca sia condivisa da altri con le mie stesse idee e interessi, devo ammettere che non è facile rispondere.

Sicuramente, alla luce delle trasformazioni in atto, sia nel modo di produrre arte che di fruirla, non ho potuto fare a meno di sollevare, a modo mio, delle questioni che ritengo attuali e importanti, forse persino più importanti del definire cosa sia arte e cosa no, un dibattito direi sterile e senza soluzione.

Il principale limite della mia arte è metodologico, ovvero, coi procedimenti che normalmente utilizzo per realizzare i miei quadri (procedimenti che, ripeto, sono di natura grafica e non pittorica), ci impiego purtroppo un sacco di tempo e soprattutto fatica a realizzarli... se fossi un vero pittore, padrone della sua tecnica, pienamente immedesimato in essa, ci impiegherei molto meno, al massimo un paio di giorni. Tutto ciò limita di conseguenza la mia produttività, impedendomi di metter su un "portfolio adeguato". Limita cioè il tempo che io potrei dedicare all’arte, o se vogliamo, al Sistema dell’Arte, qualora io decidessi di farmi coinvolgere dalle sue dinamiche, per farmi conoscere o per condividere la mia ricerca. Proprio per questo, tutte le opere da me realizzate nel corso degli anni, anche quelle meno rappresentative, non sono in vendita. Cerco infatti di tenermele strette per qualsiasi eventualità, una mostra o una rassegna o qualsiasi altra manifestazione. Servono ad allestire cioè un portfolio minimo in caso di necessità.

DF: D’accordo, ma vorrei precisare alcune questioni sul Sistema dell'Arte, che mi sembrano importanti. Lavorando da anni come artista e curatore indipendente, potrei parlarti di croce e delizie di questo mondo, però ci tenevo a sottolineare, che comunque lo si pensa, occorre in ogni caso farci i conti, altrimenti si è completamente fuori, e io penso che il tipo di operazione che tu hai fatto, incentrata quasi esclusivamente su Internet, ti porti, per diverse ragioni, proprio in questa direzione.

Ciò non vuol dire prendere il "sistema", qualsiasi sistema, come naturalizzazione dell'esistente, ma essere dentro per attivare una critica radicale verso tutto ciò che non ci piace e non funziona. Questo atteggiamento critico, consapevole e vigile, è una mia condizione essenziale, per continuare a parlare e a vivere d'arte e per comprendere cosa sta accadendo alla nostra contemporaneità, in un contesto sempre più globalizzato dove la nostra intera vita è ridotta a pura merce. Cerco di chiarire la mia posizione, perché credo che l'arte debba avere una funzione sociale.

L'operazione condotta con il CRAC è andata proprio in questa direzione. Abbiamo operato dentro la scuola attraverso il fare dell'arte, permettendoci di re-immaginarci persone "liberate" dalle pastoie sempre più oppressive e repressive di una scuola che ha ben poco da educare e formare. Abbiamo attivato, all'interno della scuola, un percorso di "sabotaggio" per fare "emergere tutte le contraddizioni di un sistema ormai allo sfascio" (autocitazione da un mio scritto che trovi sul libro TEN YEARS 2004-2014).

Abbiamo tentato, e lo stiamo facendo tuttora, di raccontare ed attivare modelli educativi alternativi all'insegnamento. 

Sicuramente esistono realtà importanti che da decenni operano fuori dal sistema scolastico statale e quindi anche dal Sistema dell’Arte, però, nonostante sia più faticoso e direi anche pericoloso, sento che occorre stare dentro e provare a non lasciarsi condizionare e contagiare. 

Così le stesse regole, se vuoi, valgono non solo per il Sistema dell'Arte ma per tutti i campi in cui si è attivi. Quindi, anche per te, dubito che tu possa raggiungere certi obiettivi servendoti solo e unicamente di internet. Forse sarebbe più interessante guardare altrove, allargare la tua ricerca…

FM: Condivido pienamente quello che dici e, sia pur con delle differenze d’approccio e di metodo, credo anch’io che l’Arte debba avere una sua ben precisa "funzione sociale", che la si esprima nell’ambito di una manifestazione culturale o di un social network, poco importa, cambia la forma ma non la sostanza. Tuttavia ho una scarsa conoscenza del Sistema dell’Arte, avendolo così poco frequentato, e questo purtroppo è un gap che non si colma tanto facilmente, di sicuro non in pochi anni. Anche caratterialmente, poi, sono una persona schiva, che "non ama esporsi" e nemmeno essere al centro dell’attenzione, di conseguenza, per rapportarmi con il Sistema dell’Arte, dovrei cominciare non soltanto a vincere la paura di espormi, ma partecipare agli eventi, alle mostre, star dietro alle persone, attivarmi cioè per conoscere e farmi conoscere. Le mie ambizioni onestamente sono più modeste, non nel senso che penso che la mia attività artistica sia destinata ad essere eternamente confinata entro i limiti angusti e scoraggianti del puro passatempo ricreativo, ma perché non ho né il tempo né i mezzi né le conoscenze per allestire eventi di un certo rilievo. Lavoro fino alle cinque del pomeriggio (mi riferisco al lavoro principale, quello stipendiato, che mi consente di sopravvivere), dunque dove potrei trovare il tempo, i materiali e gli spazi per allestire ad esempio una installazione? Non è soltanto per disinteresse verso questo particolare tipo di comunicazione artistica che ho scelto la pittura, ma per una necessità logistica. Produrre una quadro è infatti più semplice per me che allestire una installazione. Come programmatore, trovo più economico e funzionale avvalermi del computer per produrre arte e poi trasporla su tela o cartoncino, che mettermi a cercare spazi, materiali, persone, finanziamenti e occasioni per allestire mostre o installazioni multimediali. Questo nella piena consapevolezza della molteplicità e diversità di supporti e tecniche e media, che è davvero impressionante in un epoca di trasformazioni globali come quella che stiamo vivendo.

DF: Secondo punto, i contenuti. Trovo che i tuoi lavori siano accompagnati da lunghi e corposi testi, che difficilmente si riescono a leggere e seguire in un sito, a meno che non si tratti di siti di settore. Credo che i testi debbano risultare sintetici anche se ricchi di rimandi e citazioni, in modo da essere accattivanti ed agili nella lettura. Questo proprio perché si tratta di un sito, che è altra cosa da un libro. Troverei una certa coerenza se il sito fosse solo una "vetrina" per mostrare i tuoi lavori. Inoltre, l’operazione di aprire alcune pagine del sito ad altri artisti di cui si conosce poco o niente, può risultare molto rischiosa e controproducente. Puoi ritrovarti materiali e contenuti generici e scadenti. L'invito lo devi estendere solo a persone di cui hai conoscenza e di cui ti fidi. Solo così puoi dare peso alle tue idee e alla tua ricerca.

FM: Infatti, ho seguito il tuo consiglio ed ho rimosso la pagina che tu dici dal sito, eliminando definitivamente questa possibilità. Per quanto concerne invece la "corposità" dei testi, l’esigenza si è andata definendo in itinere, quasi involontariamente, non per scelta progettuale.

L’idea originale, infatti, era quella di creare una "vetrina" per mostrare appunto i miei lavori. Tuttavia, man mano che caricavo il materiale sul sito, mi accorgevo che molte realizzazioni non corrispondevano più ai miei gusti attuali, cioè non "mi rappresentavano". Non erano indicative del mio percorso evolutivo e nemmeno dei miei nuovi ambiti di ricerca. Molte di queste opere, infatti, erano state realizzate negli anni ’90, quando avevo appena concepito il progetto Ars Hybrida. Di conseguenza, molte delle idee che erano alla base del progetto erano ormai obsolete, non tenevano più conto delle novità intervenute in campo artistico e culturale. Man mano che procedevo, mi venivano sempre nuovi spunti e riflessioni, così a poco a poco ho cominciato a maturare l’idea di un vero e proprio libro, di un e-book che si potesse scaricare da Internet e leggere comodamente in poltrona su di un tablet.  

DF: Il fatto è che, arricchito di così tanti testi, si ha l'impressione immediata, che tutti i contenuti debbano necessariamente giustificare le immagini. Non sono tra quelli che pensano che le immagini parlino da sole, però credo molto nel giusto equilibrio tra la parola e ciò che si mostra alla vista, in modo tale da lasciare delle aperture alle sorprese, all'inatteso, a ciò che non si dice e a ciò che non si mostra sempre e necessariamente. Comunque trovo estremamente interessante la tua ricerca.

FM: Hai perfettamente ragione. Il vero problema, tuttavia, non sta nella corposità dei testi, in quanto è propedeutica, come ti ho spiegato, alla realizzazione di un vero e proprio libro (elettronico e cartaceo), ma nel "layout del sito", che per fortuna ho corretto. Ho quindi spostato in primo piano le "gallerie", trasferendo poi il testo (cosiddetto "corposo") su pagine secondarie, indicizzate per argomenti, accessibili cliccando sugli abstract o sui menu. Purtroppo, mantenere le gallerie sulla home page appesantisce il caricamento delle pagine. Quindi ho adottato la soluzione di spostare anche le gallerie su pagine secondarie. In questo modo testo e immagini vengono "separate", evitando di dare, come dici tu, l’impressione che tutti i contenuti debbano necessariamente giustificare le immagini. Si garantisce invece un maggiore equilibrio fra immagini e contenuti e la home page, come è giusto che sia, torna ad essere una "vetrina", con una funzione di smistamento, organizzativo ed informativo.

DF: Terzo punto, il rapporto della tua operazione col Sistema dell’Arte. Per la mia lunga esperienza e conoscenza di come funziona il Sistema dell'Arte, posso dirti che un'operazione come la tua e come tante altre che si possono trovare sul web, possono generare sospetti. Cerco di spiegarti meglio di cosa sto parlando. Normalmente, sebbene il web sia una piattaforma di scambi intensivi che investe tutti, per la sua mole sempre più impressionante di dati, ciò che viene preso in considerazione è stranamente, ciò che si conosce, o che comunque è già consolidato. 

FM: Ne sono perfettamente consapevole. E’ proprio questo il punto: un’operazione come la mia può "generare sospetti". Tuttavia, il mio tentativo è proprio quello di trovare una via alternativa al Sistema dell’Arte, che immagino richieda anni di duro lavoro e di lunga attesa. Soltanto attraverso il web, cioè attraverso scambi intensivi (es. social networking), argomenti consolidati (es. le avanguardie artistiche del ‘900) e un’attenta strutturazione dei metadati (keywords e descriptions) è possibile "farsi conoscere" in tempi ragionevolmente rapidi. Naturalmente, le chiavi di ricerca e i metadati da soli non bastano; bisogna anche produrre contenuti seri, di qualità, che abbiano un senso per i motori di ricerca, le cosiddette logiche di posizionamento SEO. Lo ammetto, forse ragiono troppo da informatico...

DF: Se ho ben capito l’ebook dovrebbe essere una copia del sito?

FM: Si, la mia idea è questa. Per inciso, il titolo dell’ebook dovrebbe essere "Ars Hybrida" e il sottotitolo, molto significativamente, "un manuale atipico per artisti e non-artisti".

Questa ambiguità, hai ragione, può generare "sospetti", più che legittimi… Tra l’altro viene citato palesemente Brian Eno ("music for no musicians"). Ma in realtà ha una sua logica e un suo scopo: su Internet i manuali vanno a ruba, tutti credono di poter diventare artisti in 15 minuti e di fatto tutti possono realmente diventarlo per 15 minuti, come sosteneva provocatoriamente Andy Wharol. Ma poi, andando a leggere il testo, ci si rende conto che le cose non stanno esattamente così, tutto è molto più difficile, articolato, l’arte richiede metodo e costanza e, soprattutto, riflessione e consapevolezza. Senza consapevolezza artistica non è nemmeno pensabile di diventare artisti, quant’anche si riesca ad eludere il Sistema dell’Arte, che, come sappiamo, ha le sue regole, per quanto strane possano sembrare e per quanto asservite al profitto possano effettivamente essere.

DF: Sicuramente il tuo è un punto di vista molto personale, che si interseca tra l’altro con la professione che svolgi e quindi con il particolare tipo di interessi che hai. Il punto di vista di chi invece opera, come me, da decenni nel settore dell’arte è un po’ diverso. Di solito, l'interesse verso la produzione di un artista non passa dal web. Questo mezzo ha solo una funzione di scambio immediato e relativo. Curatori, galleristi e comunque persone esperte ed interessate al mondo dell'arte, prediligono giustamente un rapporto diretto con l'artista e la sua opera. Per conoscere un artista occorre vedere le sue opere e ascoltare quanto questi ha da dire sulla propria ricerca. Questa è la via che si segue.

FM: Ne abbiamo già parlato. Ho difficoltà ad allestire in modo permanente una mostra d’arte che realmente mi rappresenti. Avrei bisogno di uno spazio attrezzato, una sala hobby o un garage, ma soprattutto di una strategia efficace, che mi consenta di realizzare, in poco tempo e con poco sforzo, un adeguato numero di opere rappresentative.

DF: Con questo, non voglio dire che farsi un sito può risultare inutile, ma è sicuramente poco rilevante, proprio per i motivi che ho cercato di esporti. Per cui, se lo scopo è di far conoscere il tuo lavoro, mi concentrerei solo sul sito e su come renderlo agile nel rapporto tra immagine e contenuto. Sicuramente mi spingerei fuori di casa per far conoscere da vicino quello che hai prodotto e che produci. 

FM: Per me il sito costituisce un modo per "iniziare" e testare se effettivamente ho un certo gradimento: ad esempio, potrei rendere disponibile il download delle immagini in alta risoluzione, previa registrazione, in modo da controllare il numero dei download effettuati. Se i download superano un certo numero, vuol dire che la gente è interessata e potrei puntare a realizzare, per una eventuale mostra, proprio i quadri maggiormente scaricati, trasferendoli su tela o cartoncino, scartando invece quelli che non hanno ricevuto nessun like o download. Può sembrare paradossale, ma questa è la logica di Internet, questa è la realtà con la quale l’arte è costretta confrontarsi oggigiorno, ben oltre quello che avremmo potuto immaginarci fino all’altro ieri… Questa è la riproducibilità "digitale", per dirla alla Benjamin.

Con questo non voglio dire che tutto sia lecito, non senza implicazioni di carattere etico e deontologico. Etica è la domanda: è lecito produrre arte secondo modalità che poco hanno a che fare con la vera pittura? Deontologica, invece, è la domanda: è arte o non è arte ciò che produco?

Entrano in ballo un sacco di fattori, in primo luogo la "consapevolezza" artistica e poi la conoscenza della storia dell’arte, delle tecniche, degli strumenti e via di seguito.

In quanto a spingersi fuori casa, mah… è un po’ difficile ad una certa età. Si perde entusiasmo e determinazione, si ha molta meno voglia di uscire, di staccarsi dalla solita routine. Bisognerebbe oltretutto rimettersi in discussione…

DF: Potrei darti alcuni consigli, su come muoversi, su cosa fare. Il sito, come dicevo, va benissimo, ma può essere utile solo come primo approccio; buona cosa è contattare sempre e direttamente i curatori e gli spazi espositivi che possono essere interessati alla tua ricerca.

Per questo, occorre una "buona conoscenza" di curatori e gallerie o altri spazi che propongono artisti e progetti i più vicini a ciò che stai producendo. Visto che abiti a Roma, inizia da lì.

FM: Ovvio, ma non è soltanto questione di tempo e di spazio, c’è da considerare anche la questione dei costi, è necessario un investimento iniziale, che è difficile preventivare, senza informazioni adeguate. A parte i materiali: contatti, artisti, circuiti, contesti. Per completare il portfolio, che devo ancora catalogare, soltanto di materiali, voglio dire colori, vernici, tele, telai, cornici, ecc. mi ci vorrebbero almeno...

DF: Scusa se ti interrompo, capisco le tue ragioni, ma ripeto, occorre costruirsi un "buon portfolio", è fondamentale! Per il sito bastano poche immagini, in alta risoluzione, accompagnate da un abstract e da indicazioni circa le dimensioni e le tecniche. Con questi materiali ci si mette in giro, sperando di trovare persone interessate che poi vorranno vedere il lavoro dal vivo.

FM: Non sono molto d’accordo sul discorso delle immagini in alta risoluzione, perché rallentano il caricamento delle pagine sito. Con un collegamento scadente o, peggio ancora, con un dispositivo datato e poco performante, si impallerebbe del tutto.

L’idea migliore secondo me è quella di linkare le immagini ad altre piattaforme, tipo Instagram, dalla quali poi l’utente è libero di scaricarle in alta risoluzione, registrandosi.

DF: Comunque, non occorre avere una produzione "sterminata", non deve essere questa la tua preoccupazione, anzi una produzione alta genera inflazione. Mostra sempre poche cose ma coerenti con il tuo percorso. Nascondi tutto il resto e mostralo a tempo debito se necessario, altrimenti lascialo nel "cassetto". 

FM: Si, certo, non è necessaria una produzione sterminata, ma un lavoro "che ti rappresenti" sì. Questa è "coerenza".

DF: Altra questione importante: la ricerca. Continua con la tua ricerca appassionandoti sempre al nuovo e all'inatteso e non avere timore ad esporti. La ricerca è fondamentale. Non voglio entrare nel merito dei tuoi lavori in maniera specifica, in generale però non riesco a vedere una sperimentazione veramente radicale nel tuo percorso, cosa che appare più esplicitata negli scritti che riguardano artisti, movimenti e filosofi che hanno veramente radicalizzato i propri percorsi di ricerca. 

FM: Infatti è così, non potrebbe essere altrimenti. Non lo è per me come non lo è per molti altri, anche piuttosto noti. Questo non per demerito, ovviamente, ma perché non esiste al giorno d’oggi una sperimentazione veramente radicale. Proprio per questo, man mano che procedevo nel mio lavoro, sentivo il bisogno di commentarlo, di accompagnarlo con riflessioni che rendessero chiare le problematiche che un artista, oggigiorno deve affrontare per non essere banale, per non incorrere nel plagio, nell’auto-proliferazione, che non è soltanto una proliferazione di immagini e suoni, testi e significati (cose sostanzialmente immateriali), ma anche di entità e oggetti di consumo (che sommergono il mondo e lo devastano, inquinandolo). Se avrai letto le riflessioni, avrai notato infatti anche che ad un certo punto mi chiedo e mi rispondo: Allora cos'è che rende "originale" e soprattutto "innovativo" un artista dei nostri giorni? Probabilmente, in un epoca in cui tutto è stato detto e tutto è stato inventato, proprio il saper "creare riutilizzando" e "riproporre perfezionando", che in sintesi si traduce con due parole, tanto semplici quanto efficaci: "assemblare innovando".

Probabilmente non sono riuscito ad innovare abbastanza, ma almeno ho evitato il remake e soprattutto il plagio. Molti artisti, anche abbastanza conosciuti a livello internazionale, cercano innanzitutto di "catturare l’attenzione", così ricorrono alla provocazione, all’evento, all’equivoco, ci tessono intorno un manifesto programmatico, un insieme di proclami, di intuizioni persuasive, e poi la chiamano innovazione. Al contrario, la mia sperimentazione non è radicale, ma contiene comunque elementi d’interesse e novità, sia nell’approccio che nelle metodologie utilizzate, come ad esempio l’applicazione di algoritmi probabilistici alla produzione di opere d’arte.

DF: Ritornando al discorso del portfolio che, come ti dicevo, non deve essere sterminato, ma di qualità, ho l’impressione che tutta la tua produzione, nelle sue forme e nelle tecniche, risenta di un attaccamento insistente alla tradizione della pittura delle avanguardie storiche. Benissimo tutto ciò, occorre però distaccarsene per far emergere il tuo vero immaginario contemporaneo anche nell'uso dei materiali, che non devono assolvere necessariamente ad una funzione estetica, ma possono assumere anche forme concettuali, come da citazioni e rimandi che si trovano nei tuoi scritti. Per questo, forse, anche se ne parli ampiamente, non riesco a capire la restituzione finale giustificata solo dal mezzo pittorico. 

FM: Nel capitolo "La computergrafica", ho dedicato un’intera sottosezione a questo argomento, intitolata "Ritorno al quadro?" (vai al titolo), in cui si parla proprio della funzione del quadro, inteso come supporto pittorico di tipo tradizionale.

E’ ancora attuale? Ha senso parlarne, dal momento che le opere pittoriche (ad es. quelle della Digital Art) possono essere fruite sia in modalità 2D, su schermo piatto, che in modalità 3D, tramite ologrammi?

Successivamente proponevo di confrontare, per l’analisi, il libro elettronico al libro cartaceo: cos’è che li distingue, mi chiedevo? la forma, la tecnologia, il materiale o qualcos’altro? E citavo Philip Smith che, per il confronto, si era avvalso di un fortunato neologismo, "bookness", ovverosia la "qualità dell'esser-libro" (testualmente: "The Whatness of Bookness, or What is a Book"). Quindi mi chiedevo: esiste anche nella pittura o nella scultura qualcosa di simile alla "bookness", che potremmo definire "pictureness" o "paintingness" o "sculptureness"?

In altre parole, il quadro, così come lo abbiamo conosciuto sinora, conserva ancor oggi la sua funzione o è diventato qualcos’altro? E’ un manufatto o si è piuttosto smaterializzato, diventando design, comunicazione distribuita e polifunzionale?

DF: Le idee sicuramente non ti mancano, penso che potresti spingere ben oltre la tua ricerca sperimentando altre tecniche e supporti da installare poi insieme. Allora perché non provare ad uscire dai limiti della cornice, delle forme conosciute e prendere lo spazio come dimensione per prepararsi ad "invaderlo"? Lo spazio ampio, gli ambienti, sono sempre un buon pretesto per lavorare.

FM: La riproducibilità digitale dell’opera d’arte ha già di per sé portato ad una smaterializzazione (inevitabile) del quadro come manufatto, superando i limiti della cornice, per sconfinare, come tu dici, nello "spazio ampio" della comunicazione visiva e sinestetica. Ora, lo spazio ampio, gli ambienti sono sicuramente un buon pretesto per lavorare ma, per quel che mi riguarda, trovo difficile gestire un’installazione, poiché non riesco a trovare nemmeno il tempo e lo spazio necessari a realizzare i miei quadri, voglio dire, dei semplici quadri bidimensionali, limitati da cornice. Gestire una installazione, dunque, comporta costi e sacrifici che eccedono i vantaggi e le gratificazioni che potrei eventualmente ricavarne. Lo spazio, gli ambienti da "invadere" non sono gratis, bisogna cercarseli, occorrono conoscenze e autorizzazioni, sicuramente qualche investimento e tempo, molto tempo. Inoltre, è necessario un lavoro di gruppo, di team.

Al contrario, l’esercizio della pittura, nelle modalità che ho descritto, costituisce per me una forma di disciplina meditativa (vedi capitolo Zen e manualità), per cui il quadro si trasforma in una "opportunità creativa", un manufatto magico intorno al quale riscoprire se stessi, lo spazio interiore (Ma), ovverosia la "bottega artigiana", il "laboratorio minimalista". E’ un ritorno alla manualità ispirato dall’Arte Zen, la cui essenzialità estetica ed esistenziale mi affascina. Lo sconfinamento, per quel che mi riguarda, è già avvenuto: a livello interiore, nell’approccio.

Io ho diversi hobby, fra cui il bricolage e il giardinaggio, che sono tipicamente manuali, ma "occasionalmente" scrivo anche racconti. Non so suonare, altrimenti comporrei musica e tant’altro ancora. Gli hobby servono a mantenere la mente in equilibrio e in esercizio, specie se coniugati alla meditazione.

Ammetto, in ogni caso, che per operare compiutamente nel Sistema dell’Arte, la dimensione hobbistica del proprio lavoro andrebbe messa un tantino da parte, me ne rendo conto, ma è altrettanto vero che nella società di oggi quello che ci manca è proprio la dimensione meditativa: troppo inquinamento, non soltanto ambientale, ma visivo e acustico; troppa saturazione comunicativa! Ci allontaniamo sempre più dal nostro centro esistenziale, dalla naturalezza dell’essere.

DF: Capisco perfettamente e il mio non vuole essere un giudizio sul tuo operare, che trovo interessante e appassionato. Si tratta solo un approccio leggero e immediato che esige ulteriori approfondimenti da parte mia. 

FM: Non nego che il mio lavoro e la mia ricerca nascondano contraddizioni e ambiguità. Non sarebbe ricerca d’altronde se fosse coerente e perfetta sin dall’inizio. Come se non bastasse, oggi tutto si fa per profitto ed è dunque più che legittimo immaginare che anche un artista voglia, in fin dei conti, vendere i suoi quadri, per ricavarne qualcosa. Anche le installazioni, che pure non possono essere vendute in maniera diretta, consentono nondimeno di guadagnare denaro tramite altri circuiti e altre modalità.

L’arte ibrida, così come la immagino io, è molto simile per certi aspetti alla pop art, ne costituisce un’evoluzione estremizzata, ne esaspera alcune caratteristiche ed è dunque un evidente prodotto della globalizzazione. Ad esempio, la si può scaricare dal web. Quindi, ogni quadro in alta risoluzione può essere scaricato per una modica cifra di 0,79 centesimi. Offri anche la possibilità di poter ricevere a casa (tramite Amazon o eBay) poster e stampe numerate, con firma autentica dell’autore, aggiungi poi il libro alla modica cifra di 4,99 euro (in formato elettronico) oppure 49,9 (in formato cartaceo), fatti un po’ di calcoli, statistiche alla mano, e cosa ne esce fuori? calcola una rete globale di oltre 2 miliardi di utenti (2.095.005.985 al 2011, secondo Wikipedia), calcola almeno metà dei siti in lingua inglese; considera poi che il sito sta per essere tradotto in inglese e, statistiche alla mano, cosa ne esce fuori? una volgarizzazione dell’arte? Probabilmente sì! anche Wikipedia dopotutto è una volgarizzazione di Treccani.

DF: Quello che dici è in parte vero, ma contiene evidenti forzature, devo considerarle come delle provocazioni?

FM: Si, certo, delle provocazioni! … Giorgio Gaber diceva: Ci sono due tipi di artisti: quelli che vogliono passare alla storia e quelli che si accontentano di passare alla cassa. Io, per quanto mi riguarda, mi accontento di rimanere nella mia dimensione meditativa. Infatti, come ho anche specificato nella sezione "info" del sito, i miei quadri non sono in vendita e non lo saranno neanche in futuro. Ciò non toglie che le cose stiano drammaticamente evolvendo proprio nella direzione che ho detto: quella degli outsider da una parte e dei professionisti dall’altra.

DF: Il Sistema dell’Arte è un ecosistema complesso, con le sue regole, i suoi rapporti e le sue convenzioni, ma per me che vi opero è anche un importante punto di riferimento, che mi consente di capire, tra l’altro, in che modo gli artisti si rapportano all’arte e al mercato col loro lavoro. Per quanto concerne il tuo lavoro, ad esempio, sento che hai molti freni e preoccupazioni, giustificate da inesperienza e disagio. Se infatti non si conosce bene come muoversi in un determinato contesto, è chiaro che ci si senta a disagio. Provo a chiarirti alcune questioni su come funziona il mondo dell'arte contemporanea, perché penso possano esserti utili.

L'arte contemporanea, può essere immaginata come una costruzione a più piani, l'ultimo piano è quello sperimentale, dove inevitabilmente nascono le opere che rimangono nella storia dell'arte.

Qui si trovano tutte quelle gallerie d'arte, spazi non profit, musei, fondazioni, che a vari livelli propongono o consacrano l'arte del proprio tempo.

Per esercitarsi al mestiere dell'arte occorre seguire una percorso, non dico obbligatorio, ma necessario. 

Si investe tempo, fatica e anche denaro (viaggi, pernottamenti, pasti...), con la tenacia di saper attendere e intanto conoscere tutto ciò che è possibile conoscere.

Nel frattempo bisogna lavorare alla propria ricerca producendo, con il preciso intento di far conoscere ciò che si sta facendo, così da iniziare ad essere invitato a mostre collettive o personali presentate possibilmente da curatori intelligenti e ben inseriti nel mondo dell'arte. 

Altra cosa importante da sapere: 

nel mondo dell'arte contemporanea gli artisti, invitati  in vari contesti, non pagano le mostre né eventuali pubblicazioni o partecipazioni ad eventi importanti. 

Diffidare quindi e non partecipare mai a quegli eventi dove vengono richiesti pagamenti per usufruire della sala o per pubblicare un catalogo, ecc.  

Inserisco questa informazione come risposta alla tua preoccupazione o convinzione che si debba per forza pagare per ottenere uno spazio espositivo, l’inserzione in un catalogo e dunque una certa visibilità. Perché un artista dovrebbe pagare per questo? 

Di solito, chi partecipa alle mostre a pagamento, non ha consapevolezza di cosa ci sia dietro queste operazioni, o comunque partecipa perché ignora tante cose e poi perché pensa che a più mostre partecipa, magari pagando la sua pagina sul catalogo, tanto più sarà importante e conosciuto il suo lavoro. 

Accade proprio il contrario, perché a pagamento nessuno ti rifiuta nulla, queste operazioni hanno il solo scopo di racimolare una nutrita quantità di artisti, guadagnarci ed offrire operazioni culturali assolutamente inutili.

Forse queste operazioni permettono di vendere qualche quadro, di continuare a fare mostre, ma siamo ben lontani da come funziona il mestiere e il mondo dell'arte.

Per dire qualcosa di importante attraverso le proprie idee e le proprie opere, occorre percorrere veramente molta molta strada, e le vie da seguire sono di ben altra natura.

Le mostre vanno fatte nei luoghi giusti con le persone giuste (nel rispetto dei nostri profondi interessi). Questi attenti passaggi fanno si che ci si possa costruire un curriculum di tutto rispetto che, pian piano consentirà la conoscenza del nostro percorso fino a farlo diventare un mestiere dall'alto profilo professionale.

Sostanzialmente, tutto ciò ha a che fare con quello che si intende per arte e per il "fare nell'arte".

Certamente si può fare di tutto, è legittimo, però i terreni, i percorsi e le intenzionalità, come si può capire, sono diversi e distanti tra loro.

Mi ripeto, occorre essere chiari con se stessi e chiedersi cosa si vuole, poi il resto si costruisce e viene da sé. 

FM: Caro Dino, le tue osservazioni sul mio lavoro sono indubbiamente perspicaci, di una lucidità straordinaria, e i miei dubbi sono esattamente i tuoi, così come le mie conclusioni sono esattamente le tue. Trovo illuminanti le tue considerazioni sull’arte e il Sistema dell’Arte e molto utili i tuoi consigli.

Intraprendere la strada dell’arte significa, come tu proponi, non soltanto lavorare sodo ma soprattutto "onestamente" e con passione, come te, che hai dedicato le tue migliori energie all’arte e al suo insegnamento. Ma ritornando alle tue giuste osservazioni sul mio lavoro, come avrai certo constatato, il mio sito è un "sito di contenuti", prima ancora che di immagini.

Per quanto "corpose" possano essere le mie riflessioni, sono tuttavia del tutto personali, senza alcuna pretesa di voler dire qualcosa di nuovo e originale. Ho voluto concentrami su alcune questioni che mi sembravano importanti, evidenziandone la problematicità e la novità. Poi, sollecitato dalle tue osservazioni, ho cercato di illustrare, con esempi, una diversa concezione dell’arte, quella degli "outsider" (alla quale mi si potrebbe associare, per diverse ragioni), e l’ho confrontata al Sistema dell’Arte, dei professionisti come te, il cui background culturale, ovviamente, parte da presupposti ed esperienze significativamente opposte.

Quali che siano le differenze fra queste due diverse concezioni dell’arte, il contesto entro cui esse si muovono è peraltro comune ad entrambe: la globalizzazione, le nuove tecnologie dell’informazione, la diffusione di Internet. Quello che cambia è l’approccio.

Il Sistema dell’Arte, infatti, deve necessariamente mantenere una sua indipendenza da Internet, o tutt’al più se ne servirà come strumento di comunicazione parallela, ad es. attraverso siti istituzionali o anche privati, comunque legati a mostre ed eventi e manifestazioni di un certo rilievo.

Per l’outsider, al contrario, Internet è tutto: è luogo di incontro e socializzazione, di promozione e di scambio, di discussione e di confronto, ma anche di solitudine. Attraverso Internet aspirerà ad ottenere un posizionamento migliore nelle classifiche dei motori di ricerca, cercherà visibilità, potrà vendere le sue opere attraverso un infinità di canali e circuiti, in mille modi diversi, o sarà libero di distribuirle gratuitamente, attraverso nuove forme di proprietà intellettuale.

Per l’outsider, Internet è uno strumento utile ed efficace, come lo è per chi, tagliato fuori dalle logiche di mercato (cioè dal mercato del lavoro), cerca nuove opportunità, magari inventandosi un’attività nuova, possibilmente "intelligente": smart working, come si dice adesso.

Allora, perché non sfruttare una simile opportunità? dopotutto sono un "informatico" e l'arte è una passione. Soprattutto, mi diverto a produrla nel modo inusuale che ho descritto, ma lo faccio sempre "con consapevolezza" e amore.

Poi, siccome sono un discreto programmatore, ho acquistato per pochi soldi un dominio web, realizzando in pochi giorni e con un pizzico di fortuna, questo sito web che ora vedi: è così che è iniziata l’avventura (e tutti i ragionamenti che ne sono seguiti)!

DF: §Ho capito perfettamente il tuo punto di vista e fai bene a perseguirlo e a godere di tutto ciò che può dare senso alla tua esistenza, guai se non fosse così. Comunque, ci terrei a chiarire alcune questioni che riguardano il Sistema dell'arte, a scanso di equivoci. Non credere che il Sistema dell’Arte costituisca per me il solo punto di riferimento della mia ricerca artistica, non è così, anzi, sebbene io conosca abbastanza bene questo mondo, direi ho avuto sempre tanta difficoltà a rapportarmici, per varie ragioni, e questo non vale soltanto per me, ma per tanti altri artisti, anche affermati, che non si riconoscono appieno in questo modo di pensare e "fare arte". Capita cioè di rimanerne definitivamente "fuori", a volte, quando lo si riconosce come apparentato e spesso assoggettato al Sistema Merce.

Cosa voglio dire? Quando mi sono reso conto che Sistema dell’Arte e Sistema Merce sono non soltanto apparentati ma spesso sovrapposti in maniera eccessiva, mi sono allora mantenuto sempre su una sorta di luogo di confine, che mi ha permesso di pensare anche a possibili "alternative" al sistema.

Per esempio, ho sempre creduto che si potesse creare una sorta di contenitore "altro" o alternativo a tutto ciò.

Mi riferisco in particolare alla complessa e vivace realtà del non profit. In Italia, per esempio, esiste una fitta rete di non profit, dove tuttavia i soggetti vivono o sopravvivono in assoluta disarmonia tra loro. Poca o nessuna collaborazione che si traduce spesso in accentuata conflittualità, con tutte le conseguenze che possono derivare da un atteggiamento assai egoistico.

Ho fatto in proposito le mie dovute riflessioni, che ho espresso negli anni ed in vari contesti pubblici. Ricordo di aver chiarito alcune questioni in una lunga intervista del 2003 che, Eugenia Delfini, una curatrice indipendente che vive e lavora attualmente a New York, mi fece al riguardo. All’interno dell’intervista, si possono infatti ricercare delle possibili idee e soluzioni.

In via molto sintetica, posso dirti che mi auguravo, tra l’altro, che la diffusione del non profit potesse nascere da una forte esigenza culturale e politica, da un sociale che si apre a nuove forme di cooperazione e convivenza. Esprimevo in particolare l’esigenza di trovare una posizione, uno spazio di osservazione anche locale, che consentisse di costruire delle comunità "autonome" dove si potessero praticare spazi di democrazia diretta.

La ricerca di spazi e di azioni possibili sopperiscono, in sostanza, ad uno spazio lasciato vuoto dalla politica, e questo consente di riempirlo con legami sociali e relazioni partecipate.

In un Sistema dell’Arte così concepito, la diffusione di spazi non profit di qualità rappresenterebbe un circuito nevralgico in grado di favorire la sperimentazione e la ricerca in ambiti non necessariamente sottomessi alle leggi di mercato, spazi indipendenti che favorirebbero scambi e conoscenze tra artisti e curatori che operano su tutto il territorio nazionale. Constatavo, quindi, che il fenomeno in Italia è ancora irrisorio e purtroppo tra le varie associazioni esistenti non si è ancora in grado di "fare sistema". La creazione di un polo culturale indipendente come il non profit costituirebbe decisamente un’importante occasione di sviluppo, una ricchezza unica e straordinaria, non soltanto per il settore delle arti contemporanee.

Dissi poi alla Delfini che, per ciò che mi riguardava, credevo ad un progetto diffuso, alla costituzione di un piccolo Centro di ricerca che potesse costituire un’importante occasione per il territorio e la società in cui operiamo. Pensavo cioè, per la mia città (Cremona), ad un progetto di sviluppo locale che potesse includere l’arte contemporanea e la cultura come strumenti di riqualificazione dell’ambiente; pensavo ad un luogo di confronto e di approfondimento, e soprattutto all’arte e alla cultura come fattori di crescita sociale, che è poi quello che ho cercato di realizzare in seguito, trasfondendo tutto ciò nell’esperienza del CRAC, dal 2004 al 2014.

Nella realtà regionale italiana fatta di piccole province, la nascita di tanti "contenitori non profit" agirebbe come volano di sviluppo delle culture locali, un’azione produttiva per dare forza alla coesione sociale, ravvivare le peculiarità di un territorio, dialogare alla pari con tutti gli attori che in diversa misura concorrono a costruire l’ambiente socio-economico e culturale della città e di un territorio più vasto.

Quando rispondevo alle domande dell'intervistatrice, in pratica, immaginavo, diciamo, una sorta di mercato equo e solidale. Un modello parallelo al sistema del mercato capitalistico, in grado di capovolgere le regole che sottendono allo sfruttamento e al profitto. Si deve partire dal sociale e da un chiaro e condiviso modello etico e morale di esistenza, per poi immaginare altre forme di mercato. Forme che possano agire creando uno sviluppo sostenibile per il superamento di ogni forma di sfruttamento sulle persone, ecc. ecc. Un gran bell'esempio di cooperazione, in assenza di denaro: un dono… anche qui si apre un mondo...

FM: Ancora una volta devo ringraziarti per avermi suggerito spunti e chiarimenti su di un mondo, quello del non profit, che sia nelle riflessioni sia nella "chiacchierata" non avevo ancora sufficientemente considerato e che conto di approfondire, non soltanto da un punto di vista teorico, ma come preziosa opportunità per la mia stessa ricerca artistica. Spero, inoltre, che possa rivelarsi anche una valida occasione per far conoscere ad altri la mia arte, nonostante le carenze e gli elementi dilettantistici, sfruttando strade alternative che non siano il solito Sistema Dell’Arte/Mercato ma nemmeno il solipsismo comunicativo di una Rete in cui il cui "taglia, compia e incolla" rischia di vanificare ogni serio tentativo di innovazione e ricerca artistica.

DF: C'è tanta carne al fuoco, che la "chiacchierata" rischierebbe di diventare infinita. Sarebbe interessare approfondire tante cose, ma per il momento mi fermo qui.

FM: Hai ragione. Voglio concludere con una frase che amo: Ci sono solo due errori che si possono fare nel cammino verso il vero: non andare fino in fondo e non iniziare.  (Buddha)

 

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